Il Monte Nero, la cui cima raggiunge un’altezza di 1753 metri s.l.m, è ubicato nell’alto Appennino ligure-emiliano, lungo il crinale che separa le province di Parma e Piacenza e vicinissimo al confine con la Liguria.
Tutta l’area è compresa all’interno del SIC (Sito di interesse comunitario) IT4010003 – SIC- Monte Nero, Monte Maggiorasca, La Ciapa Liscia
Nel complesso il Monte Nero è soggetto ad un clima d’altitudine con inverni rigidi e nevosi, ed estati temperate.
Per quanto riguarda le precipitazioni, sul Monte Nero si ha un regime appenninico con massimo principale in autunno e massimo secondario invernale, superiore al valore primaverile. La piovosità annuale si stima possa essere anche superiore ai 2500 mm, infatti l’alta Val Nure e la Val d’Aveto sono riconosciute tra le zone più piovose dell’Appennino settentrionale.
Il massiccio del Monte Nero è costituito da rocce che appartengono al gruppo delle ofioliti, dette anche pietre verdi a causa della particolare colorazione verdastra dovuta all’olivina, il minerale prevalente.
Tutta l’area è molto interessante sotto il profilo paesaggistico-ambientale, botanico e floristico. Il modellamento di origine glaciale del territorio ha influito positivamente sulla conservazione di alcuni ecosistemi e specie peculiari. Gli ecosistemi ad alto grado di naturalità più caratteristici del Monte Nero, oltre all’arbusteto a pino mugo misto a faggio ed abete bianco, sono il Lago Nero e la torbiera. L’ultima glaciazione ha contribuito in maniera determinante alla conformazione del territorio lasciando segni ancora oggi visibili nonostante il ghiacciai siano scomparsi completamente circa 10000 anni fa. Il Lago Nero, ai piedi del versante nord, è l’esempio più lampante, ma anche le torbiere delle “Buche”, situate a valle del lago, erano sede di circhi glaciali poi interratisi.
Tra le presenze più importanti va ricordato il pino mugo, che insieme all’abete bianco rappresenta un vero e proprio relitto glaciale.
Il pino mugo in Italia ha una distribuzione alpina centrale ed orientale, mentre sull’Appennino la sua presenza è molto frammentaria: a parte la stazione di Monte Nero e Monte Ragola lo si ritrova solo sulla Maiella.
Questo pino presenta un tipico comportamento relittuale, occupando ambienti marginali, poco ospitali, come ad esempio i ghiaioni, le pietraie, le rupi. Si tratta di ambienti molto selettivi dove la competizione di altre specie, soprattutto il faggio, è molto bassa. Sul Monte Nero lo troviamo infatti nelle faggete aperte e luminose, solitario o in grossi gruppi nelle praterie di vetta e, unico tra le specie legnose, nei ghiaioni stabilizzati.
Anche l’abete bianco, per sfuggire alla pressione della faggeta, si è rifugiato nelle stazioni più difficili, sotto il crinale e lungo la vallecola denominata “Tana di Monte Nero”, dove è riuscito a sopravvivere fino ad oggi, seppur in condizioni precarie.
La conservazione di questi relitti glaciali va intesa non solo esclusivamente come protezione delle singole specie ma come tutela dell’intero ecosistema della zona di Monte Nero, sito di rifugio di molte specie a diffusione alpina.
Una maggiore valorizzazione del prezioso patrimonio ambientale e paesaggistico dell’area potrebbe significare un conseguente maggior sviluppo turistico di una zona,  l’alta Val Nure, rimasta fino ad oggi ai margini dei flussi turistici e forse proprio per questo ancora così preservata, ma che purtroppo ha subito un drammatico spopolamento.

A cura di Dott. Alessandro Anselmi